Il locus of control secondo Marracash: ti senti una vittima?

29 Giugno 2025

La musica, spesso, si fa specchio delle complessità umane, e “Vittima” di Marracash ne è un ottimo esempio. Con la sua cruda onestà e le sue liriche incisive, il brano si addentra in un labirinto di dinamiche personali che richiamano prepotentemente due concetti cardine della psicologia: il locus of control e la tendenza al vittimismo. Marracash, attraverso la sua narrazione, dipinge un quadro di fragilità e frustrazione che permette di analizzare come l’individuo percepisca la propria capacità di influenzare gli eventi della vita e come, talvolta, questa percezione possa condurre a un ciclo auto-perpetuante di lamento e inazione. La canzone, pertanto, si presta a un’analisi profonda di queste interconnessioni psicologiche, offrendo spunti di riflessione non solo sulla condizione del protagonista del brano, ma anche su questioni ben più ampie che affliggono la società contemporanea. Il rapper milanese, con la sua consueta maestria nel tessere trame narrative, ci invita a guardare oltre la superficie del semplice lamento, per esplorare le radici profonde di un disagio che spesso sfocia in una percezione distorta della realtà e delle proprie responsabilità.

Cos'è il locus of control?

Il locus of control, introdotto dallo psicologo Julian Rotter, è un costrutto che fa riferimento alla misura in cui gli individui percepiscono di avere il controllo sugli eventi che accadono nella loro vita. Si distingue tra un locus of control interno, se l’individuo crede che i risultati siano principalmente dovuti alle proprie azioni e sforzi, e un locus of control esterno, quando, all’opposto, si attribuiscono gli eventi a fattori quali il destino, la fortuna, o l’influenza altrui. “Vittima” di Marracash sembra calarsi perfettamente nella prospettiva di un locus of control esterno dominante. Il protagonista del brano, infatti, si descrive costantemente come oggetto passivo di circostanze avverse, di ingiustizie subite e di un mondo che sembra sempre complottare contro di lui. Le sue lamentele non si focalizzano su ciò che potrebbe fare per cambiare la situazione, ma piuttosto su ciò che gli è stato fatto. Questa visione del mondo, in cui la responsabilità è sempre delegata all’esterno, priva l’individuo di qualsiasi senso di agency e lo confina in un ruolo di eterno bersaglio. Le liriche di Marracash sono intrise di questa percezione, evidenziando una difficoltà, se non un rifiuto, nell’assumersi la responsabilità della propria vita. Non vi è traccia di empowerment, di volontà di agire per modificare la propria condizione, ma solo una rassegnata accettazione di un ruolo predefinito di sofferenza.

Questa predominanza di un locus of control esterno sfocia inevitabilmente nel vittimismo, una condizione psicologica in cui l’individuo si percepisce costantemente come vittima di eventi o persone, spesso esagerando la portata delle avversità o minimizzando il proprio ruolo in esse. Il vittimismo è un meccanismo difensivo che, pur offrendo un senso di deresponsabilizzazione momentaneo, impedisce la crescita personale e la risoluzione dei problemi. Il personaggio di “Vittima” incarna alla perfezione questo archetipo: ogni sventura è un affronto personale, ogni difficoltà è un pretesto per lamentarsi, senza mai intraprendere un percorso di auto-riflessione o di azione risolutiva. Questa mentalità non solo limita la capacità di affrontare le sfide, ma può anche alienare gli altri, che nel tempo possono stancarsi delle continue lamentele prive di un reale intento di cambiamento. Il vittimismo, in ultima analisi, diventa una prigione autoimposta, un circolo vizioso in cui il soggetto si sente impotente, e di conseguenza agisce in modo tale da confermare questa percezione, perpetuando la propria condizione di “vittima”. Marracash, con la sua penetrante analisi, ci mette di fronte a una realtà scomoda: quanto spesso ci sentiamo vittime delle circostanze, e quanto spesso, invece, siamo noi stessi a perpetuare tale narrazione, privandoci della possibilità di riprendere il controllo della nostra vita? La canzone non offre soluzioni facili, ma pone un interrogativo fondamentale sulla natura della responsabilità individuale e sulla capacità di trasformare la propria percezione da passiva a proattiva.

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