Il recente sviluppo di Protoclone, l'androide bipede muscoloscheletrico presentato da Clone Robotics, segna un passo importante nella robotica bionica. Con la sua capacità di replicare la mobilità umana, questo androide solleva interrogativi psicologici sulla nostra relazione con macchine sempre più simili a noi.
In altre parole, ciò che è noto e rassicurante può improvvisamente assumere un carattere perturbante e alienante, una “inquietante stranezza” che mette in discussione la nostra sicurezza emotiva.
Pensiamo a un robot che, pur sembrando umano, emette comportamenti meccanici o si muove in modo troppo rigido. Questo contrasto tra l’apparenza umana e la realtà della macchina inizia a suscitare un senso di disconnessione, ma anche un’ansia diffusa.
La somiglianza tra umano e macchina può creare dissonanza emotiva, come nel caso del fenomeno psicologico dell’“unheimlich”, in cui qualcosa di familiare diventa inquietante.
Per Freud, infatti, l’unheimlich è qualcosa che ci è profondamente intimo e familiare, ma che, quando riemerge nella nostra coscienza, appare sotto forma di massima estraneità e inquietudine.
Immagina di essere in una casa vecchia e buia, e improvvisamente senti dei passi dietro di te, ma quando ti giri, non c’è nessuno. È una sensazione strana, come se qualcosa ti sfuggisse, ma allo stesso tempo ti sembra familiare. Questo è un po’ l’idea che Freud aveva dell’inquietante” (in tedesco das Unheimliche).

La reazione di “inquietante stranezza” potrebbe manifestarsi anche in altre situazioni quotidiane. Ad esempio, quando vediamo una faccia sintetica che sorride o esprime emozioni, ma sappiamo che si tratta di un algoritmo, non di una persona vera. La nostra mente tenta di decifrare ciò che vede e sente, ma non riesce a trovare una risposta chiara.
L’adattamento psicologico all’evoluzione della robotica bionica, come il caso di Protoclone, potrebbe portare a cambiamenti profondi nei nostri schemi cognitivi, emotivi e relazionali. Se le macchine diventano sempre più simili agli esseri umani, la nostra psicologia dovrà evolversi per rispondere a una nuova realtà di coesistenza con entità artificiali che sono in grado di replicare l’umano in molti modi. Ecco alcuni possibili cambiamenti:
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Rivalutazione dell’identità umana: Come esseri umani, potremmo trovarci a riflettere più profondamente su ciò che significa essere umani. Se la tecnologia può emulare il movimento, l’intelligenza e le emozioni umane, quale sarà il nostro ruolo in un mondo che non ci distingue più tanto facilmente dalle macchine? Potremmo sviluppare una maggiore consapevolezza della nostra individualità e vulnerabilità, oppure, al contrario, perdere una parte della nostra autostima, temendo che la tecnologia possa superare ciò che ci rende unici.
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Nuove dinamiche sociali e relazionali: La crescente umanizzazione della robotica potrebbe portare a un cambiamento nelle nostre relazioni sociali. Potremmo trovarci a sviluppare legami emotivi con le macchine, proprio come avviene oggi con gli animali domestici o con alcuni assistenti virtuali. La psicologia della “relazione” cambierà, in quanto ci chiederemo se possiamo effettivamente sentire empatia per una macchina che ci assiste.
In un mondo dove la linea tra l’umano e l’artificiale si fa sempre più sottile, come ci insegna il film Blade Runner, dovremo imparare a riflettere non solo su ciò che significa essere umani, ma su come coesistere con le macchine, che, seppur create dalla nostra mano, potrebbero un giorno sfidare le definizioni stesse di identità e coscienza.